DUE OSPEDALI, UN DESTINO SIMILE

“Il Veneto che Vogliamo non multa per assembramento i sindaci che legittimamente protestano per veder riconosciuto un diritto che andrebbe salvaguardato sempre, anche nelle emergenze, quello alla salute. Non vogliamo sindaci sceriffi che se la prendono con i loro colleghi che si preoccupano per i propri concittadini, a maggior ragione se parliamo di territori in cui 360.000 abitanti in tutto sono stati lasciati senza servizi sanitari accessibili a causa dell’emergenza Covid- esordiscono così Elena Ostanel e Giorgio De Zen, portavoci de Il Veneto che Vogliamo in un comunicato congiunto tra gli attivisti della bassa padovana e dell’alto vicentino.

“Ci siamo in queste settimane confrontati con i sindaci e gli abitanti della bassa padovana e alto vicentino- dice Giorgio De Zen, portavoce vicentino – siamo in una situazione in cui 360.000 persone non accedono ai servizi sanitari a causa dell’emergenza Covid. Ci sono persone malate che devono fare anche 100 chilometri dopo una chemioterapia e non possiamo accettarlo”.

“Per fare chiarezza- aggiunge Giorgio De Zen- abbiamo raccolto i destini di due territori che oggi affrontano una sfida simile e che crediamo tutti debbano conoscere per non farsi più prendere in giro. Alcuni sindaci e attivisti si sono rivolti a noi perché non sono stati ascoltati dalla Regione Veneto nonostante le richieste di intervento”.

Nel marzo 2012 si avviava il trasloco dagli ospedali di Schio e Thiene (che vennero poi chiusi) al nuovo ospedale Alto vicentino di Santorso. Nel novembre del 2014 veniva inaugurato il nuovo ospedale di Schiavonia, chiudendo di fatto ben 4 ospedali: Conselve, Montagnana, Este e Monselice.

Le due strutture hanno molto in comune fin dalle origini: entrambe sono state costruite con il modello del project financing che tanti soldi è costato ai contribuenti veneti. Ovvio poi che i bilanci delle Ulss vadano in passivo: davanti a cifre come 170 milioni di Euro spesi per ciascun ospedale oggi ci viene da riflettere se quei soldi dati ai privati potessero essere impiegati meglio per la nostra sanità pubblica. Nel frattempo la giunta regionale diminuisce le Ulss e Schiavonia e Santorso entrano in realtà più vaste. L’alto vicentino però vede la propria vecchia Ulss finire incorporata in quella di Bassano per volere dei politici leghisti bassanesi: a parte quelle della provincia di Venezia è l’unica Ulss non provinciale.

Venendo ai giorni nostri, ci accorgiamo purtroppo che le storie tornano a intrecciarsi. il 21 febbraio muore Adriano Trevisan e l’ospedale di Schiavonia viene chiuso. Il 23 febbraio viene convocata una conferenza dei Sindaci ULSS6 e alla domanda “per quanto tempo Schiavonia rimarrà chiuso” non viene data risposta dal dottor Scibetta. Il 27 febbraio cominciano a girare le prime voci che Schiavonia diventerà centro Covid, i fatti dimostreranno che sarà così, ma in questa data nessun sindaco è stato informato di tale scelta. Il 7 marzo invece ricomincia qualche attività a Schiavonia e per giovedì 12 marzo è fissata una riunione dell’ex ulss 17.

Il 12 marzo la Sindaca di Monselice prima della riunione invia una mozione proposta dalle minoranze e approvata all’unanimità dal comune di Monselice chiedendo che in caso di necessità venga riaperto l’ospedale vecchio di Monselice. Nella riunione Scibetta dichiara che l’ospedale vecchio di Monselice lo stanno sistemando per accogliere ulteriori covid e non per le emergenze del territorio.

E arriviamo al 15 marzo: Zaia in conferenza stampa dichiara che Schiavonia e Santorso saranno ospedali solo per pazienti covid. “A nulla sono valse le proteste di alcuni sindaci che come me erano preoccupati per le sorti della salute dei propri cittadini- dice Damiano Fusaro, Sindaco di Granze- Che cosa vuol dire tutto questo? Le cure oncologiche sono state sospese dall’oggi al domani. Anche il punto nascite non c’è più nella Bassa padovana. Dispiace vedere che i sindaci leghisti non abbiamo preso posizione ufficiale su questo per non andare contro al presidente Zaia, preferendo il posizionamento politico rispetto alla tutela della salute di cui sono garanti”.

“Avere un infarto nelle valli dell’alto vicentino vuol dire fare 50 km per raggiungere l’ospedale di Bassano, dato che il pronto soccorso di Santorso è uscito dalla rete del 118- aggiunge Carlo Cunegato, coordinatore provinciale del Veneto che Vogliamo per Vicenza.

A questo punto l’esecutivo del distretto 5 scrive allora una lettera a Zaia, all’assessore regionale e ai direttori Scibetta e Mantoan chiedendo che realmente l’ospedale di Monselice sia ripristinato come ospedale a tutti gli effetti e che gli utenti dell’ex ulss 17 possano recarsi con pari priorità anche in ospedali di altre ulss, infine chiedendo garanzie sulla piena ripresa di Schiavonia.

I sindaci dell’alto vicentino, parallelamente, scrivono una lettera a Zaia e Mantoan chiedendo che a fine emergenza l’ospedale di Santorso venga ripristinato, altrimenti si opporranno.

Il 19 marzo, quindi dopo 4 giorni che avevano già deciso di chiudere nuovamente Schiavonia arriva finalmente la riorganizzazione dei servizi dell’ospedale chiuso, dislocati negli altri ospedali dell’Ulss.

In tutto questo Zaia risponde in conferenza stampa dicendo che i Sindaci gli fanno perdere tempo. “Dopo aver preso decisioni senza coinvolgere i territori, la Regione continua ad ignorare le preoccupazioni dei cittadini. Il punto non è se le strutture sanitarie fossero o meno le più indicate a ospitare i pazienti Covid: quello che manca è la programmazione di una alternativa per le cure in territori tanto vasti. Il diritto alla salute non è tutelato e deve essere subito ripristinata una situazione di normalità. Il territorio si è già mobilitato con istanze e petizioni sottoscritte da migliaia di cittadini- chiude Francesco Miazzi, consigliere comunale di Monselice.

“Abbiamo da qualche giorno lanciato le 10 domande a chi governa oggi la Regione Veneto- chiude Ostanel- e la domanda sugli ospedali Covid è chiara. Bene che si pensi a garantire cure specialistiche e in sicurezza per i pazienti positivi, ma vogliamo che la Regione si assuma le proprie responsabilità per aver lasciato due territori senza servizi minimi garantiti. Il Veneto che Vogliamo è quello che investe davvero nella salute pubblica anche quando questa emergenza sarà rientrata.

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